Io dico di si.
Al giorno d'oggi vivere di soddisfazioni è diventato difficilissimo. Di solito ci si ritrova a fare il lavoro che non ci piace, a studiare quello che non ci piace, a vivere dove non ci piace e via dicendo. La verità è che siamo quasi tutti insoddisfatti ed è per questo che ci rintaniamo in un mondo tutto nostro.
Ma tuttò ciò, cosa centra con lo shopping?
Acquistare quello che più ci piace credo che sia un pò un modo per coccolarci in modo facile e diretto: io ho soldi - io decido di acquistare una cosa - quella cosa è MIA.
Un pò come la bulimia che ti spinge a ingozzarti di quello che ti piace perchè si è in cerca di attenzioni.
Non vale lo stesso discorso per quelle che potrebbero essere delle normali ambizioni lavorative, ad esempio, visto che per ottenere un posto di lavoro che ti permetta di "guadagnare" devi "pagare" ed avere una forta raccomandazione.
Un altro esempio? Non puoi aspirare, se ti piace la recitazione, a diventare attrice, visto che devi per lo meno essere rifatta per metà e aprire il "sipario" a destra e a manca.
Non puoi aspirare a fare il musicista perchè prima di saper suonare o cantare, devi conoscere le persone giuste, lavorartele per bene, e possedere un'adeguata presenza fisica, tipo Milli Vanilli, tanto poi ci sarà chi suonerà o canterà per te.
Da me poi non puoi aspirare nemmeno ad avere quella che molti chiamano una misera attività commerciale visto che non solo devi pagare le tasse, ma pure il pizzo.
Tutto ciò che ti resta da fare è metterti a studiare, se proprio ti riesce, condurre una triste esistenza attendendo che chissà cosa piova dal cielo e stare a guardare come le altre persone si prendono meriti al posto tuo.
E allora ti crei il tuo mondo, ti rifugi in quella stanza piena di ninnoli e fotografie, 33 giri e vestiti, peluches e sigarette, perchè sai che lì, seduta su quel divano, nessuno potrà mai farti del male, nessuno potrà mai toglierti niente. Sorrido. Mi viene a mente una scena del film Labyrinth, con David Bowie, in cui la giovane protagonista, Sara, viene catapultata in un mondo fantastico creato da lei...
Personalmente io sono di quelle che è vittima dello shopping pur non ritenendomi una persona tristemente materiale. Non posso nemmeno ammettere che posso permettermelo visto che l'unica a mandare avanti la baracca è mia madre e che a differenza di tantissime oche travestite da spocchiose studentesse, vado a fare la cameriera, quando capita, per togliermi tutti gli stramaledetti sfizi. E vi dirò: non me ne faccio scappare uno!!!
articolo tratto da la Repubblica.it
ROMA - Siete davanti a una vetrina. Dietro la trasparente barriera, una maglietta, uno stereo, un paio di scarpe, un frullatore. Non importa cosa si stia offrendo in modo così impudico ai vostri occhi. Importa quell'attrazione irresistibile, irrimandabile, inaggirabile che avete dentro. Che vi fa entrare nel negozio, fatalmente. E comprare. Comprare quel che c'è da comprare, fuori da ogni necessità e logica. Comprare perché non potete fare altro. Perché è più forte di voi. Comprare finché qualcosa che assomiglia alla vergogna, al rimorso, all'ubriacatura, vi spinge a uscire. A riveder le stelle dopo l'inferno che ancora una volta vi ha inghiottito. Che si è fatto gioco del vostro cattivo umore. O della vostra euforia. Per abbandonarvi, infine, poveri: lo dice il conto in banca. Lo dice, soprattutto, quel fastidio che sentite dentro. Assomiglia alla colpa, a qualcosa che subite e insieme agite, senza possibilità di scelta. Di cui è meglio non dire, che è bene celare: perché la vostra è una debolezza che vi fa star male. Quasi fosse una malattia.
Non "quasi": fate parte di quella schiera numerosa e pericolosamente in crescita di persone che soffrono di "shopping compulsivo". A definirla ufficialmente come una patologia è l'American Psychiatric Association che in occasione della recente convention annuale l'ha inserita tra i cosiddetti "disordini ossessivi compulsivi" (accanto all'altra "new entry" nella categoria, lo "skin picking", che racchiude le varie operazioni del mangiarsi le unghie, pellicine et similia). Dunque, dopo anni di studi e ricerche (il termine medico per definire lo shopping compulsivo, "oniomania", fu coniato addirittura nel 1915 da uno psichiatra tedesco), confidenze tra amiche, sul lettino dell'analista, nelle rubriche dei settimanali femminili, abbiamo la certezza che nella lunga e autorevole lista delle malattie moderne abbiamo anche questa: l'irresistibile impulso, l'ossessiva e compulsiva spinta a comprare. A soffrirne un esercito che chiama alle armi sempre più persone. Secondo il professor Lorrin Koran della Stanford University, vittima dello shopping compulsivo è l'8 per cento degli americani, circa 20 milioni di individui, e la quasi totalità (il 90 per cento) sono donne. Come già un paio di anni fa, Koran si dice convinto che la sindrome da shopping compulsivo può essere curata con un comune farmaco antidepressivo. La pulsione allo shopping sfrenato dipendederebbe, secondo lo studioso di Stanford, dalla mancanza di serotonina, la sostanza attraverso la quale le cellule nervose si tengono in comunicazione. E la cura, quindi, potrebbe essere un farmaco simile al Prozac, che si usa (e si vende moltissimo) proprio nella cura delle depressioni.
Lo shopping sfrenato è stato incluso dall'autorevole American Psychiatric Association tra i disordini ossessivi-compulsivi, spiega Koran, perché è una di quelle malattie che spingono le persone a fare quello che in realtà non vogliono. Come i cleptomani, i piromani, i giocatori. Sono, insomma, in balìa di una forza che li supera, fuori controllo. Che spesso li riduce in soggetti schiavi, e soli: molti dei "shopaholic" (alcolisti dello shopping), diventati poi "casi" studiati alla Stanford, sono arrivati a contrarre debiti per centinaia di milioni di lire che non riescono a pagare. A perdere lavoro, amici, famiglia. Come capita a molti alcolisti, o tossicodipendenti. Spiega Koran: "I compratori compulsivi possono arrivare a provare esperienze emotive simili a quelle di chi fa uso di droghe. Si sentono euforici quando comprano o spendono. Ma esaurita questa attività, consumato l'effetto inebriante dello shopping, crollano. Per recuperare la felicità perduta, devono uscire di nuovo, e comprare". Un fenomeno che riguarda soprattutto i trenta-quarantenni, la fascia d'età in cui l'espressione conclamata della malattia è massima: ma avvisaglie, segni e sintomi si avvertono, in questi soggetti, già nell'adolescenza. Il problema è "l'accondiscendenza della società di fronte al compratore sfrenato", sostiene Lane Benson, una terapista-editore che ha pubblicato un libro dal titolo eloquente di "I shop, therefore I am" (Compro, dunque sono). Secondo Jack Gorman, professore della Columbia University e uno dei massimi esperti nel campo dei disordini ossessivi compulsivi, per definire lo shopping "bulimico" bisogna ricorrere a delle "misure". Come in molti altri disturbi psichici, la linea di confine per definire una malattia tale sta quando il comportamento interferisce con l'abilità delle persone di vivere la loro vita normalmente. "Di solito", chiarisce Gorman, "chi è affetto da shopping compulsivo riconosce che quello che compra non gli serve ma allo stesso tempo non può farne a meno". Insieme a Gorman la maggior parte degli esperti si dice convinta che la terapia più appropriata per curare questa malattia è quella che combina il supporto psicologico a dei blandi e comuni farmaci antidepressivi. La ragione per la quale la maggior parte di loro è donna? "Difficile dirlo", continua Gorman, "ma le donne sono usualmente e tradizionalmente più inclini a fare shopping così come sono più comuni nel genere femminile i casi di disordini ansiosi".
Lo shopping sfrenato è stato incluso dall'autorevole American Psychiatric Association tra i disordini ossessivi-compulsivi, spiega Koran, perché è una di quelle malattie che spingono le persone a fare quello che in realtà non vogliono. Come i cleptomani, i piromani, i giocatori. Sono, insomma, in balìa di una forza che li supera, fuori controllo. Che spesso li riduce in soggetti schiavi, e soli: molti dei "shopaholic" (alcolisti dello shopping), diventati poi "casi" studiati alla Stanford, sono arrivati a contrarre debiti per centinaia di milioni di lire che non riescono a pagare. A perdere lavoro, amici, famiglia. Come capita a molti alcolisti, o tossicodipendenti. Spiega Koran: "I compratori compulsivi possono arrivare a provare esperienze emotive simili a quelle di chi fa uso di droghe. Si sentono euforici quando comprano o spendono. Ma esaurita questa attività, consumato l'effetto inebriante dello shopping, crollano. Per recuperare la felicità perduta, devono uscire di nuovo, e comprare". Un fenomeno che riguarda soprattutto i trenta-quarantenni, la fascia d'età in cui l'espressione conclamata della malattia è massima: ma avvisaglie, segni e sintomi si avvertono, in questi soggetti, già nell'adolescenza. Il problema è "l'accondiscendenza della società di fronte al compratore sfrenato", sostiene Lane Benson, una terapista-editore che ha pubblicato un libro dal titolo eloquente di "I shop, therefore I am" (Compro, dunque sono). Secondo Jack Gorman, professore della Columbia University e uno dei massimi esperti nel campo dei disordini ossessivi compulsivi, per definire lo shopping "bulimico" bisogna ricorrere a delle "misure". Come in molti altri disturbi psichici, la linea di confine per definire una malattia tale sta quando il comportamento interferisce con l'abilità delle persone di vivere la loro vita normalmente. "Di solito", chiarisce Gorman, "chi è affetto da shopping compulsivo riconosce che quello che compra non gli serve ma allo stesso tempo non può farne a meno". Insieme a Gorman la maggior parte degli esperti si dice convinta che la terapia più appropriata per curare questa malattia è quella che combina il supporto psicologico a dei blandi e comuni farmaci antidepressivi. La ragione per la quale la maggior parte di loro è donna? "Difficile dirlo", continua Gorman, "ma le donne sono usualmente e tradizionalmente più inclini a fare shopping così come sono più comuni nel genere femminile i casi di disordini ansiosi".
Il mio ultimo acquisto folle: collana di "Alice in the Wonderland",
di KirksFolly, beccata sul sito che mi fa più gola: E-bay.
2 commenti:
alla faccia se è vero dello shopping! ti dirò quando non ho soldi non spendo, ma quando li ho li "devo spendere".. è un po' una malattia, c'è gente che è finita dallo psicologo per questo!!
cmq spiando sul tuo blog ho letto del tatuaggio della fenice.. è un simbolo di rinascita che si appropria questo particolare periodo della mia vita, ma ancora non ho il coraggio di farlo... vuol dire che devo aspettare un'altro simbolo...
adoro i simboli e i tatuaggi fatti con uno scopo!!
b.giornata!
iza
Ciao Iza, direi che hai centrato il punto: "quando li ho non li spendo". E' per questo che mi ritengo quasi salva da questa malattia. Però sai, io non so di dove sei, ma stando ad Aversa dove tutti i negozi hanno le stesse cose e le persone pensano, parlano, vestono etc allo stesso modo, sono sempre più spinta ad acquistare in rete, ho iniziato ad acquistare con Ebay Italy, poi sono passata ai siti europei(Germania, Inghilterra) fino ad arrivare a quelli extra europei... e così vedi una cosa particolare, poi ne vedi un'altra, e un'altra ancora... e non smetti più ritrovandoti a spendere più di spedizione che per quello che acquisti!!! Spesso spendo più per rabbia che per altro. Sono anticonformista e pur essendo una tipa che sotto sotto si vergogna un pò del mondo, mi sono ritrovata a camminare per Aversa con una felpa rossa con un paio di corna in testa ... :-s. In poche parole non sono a caccia dell'acquisto, ma della novità. Tu di dove sei?
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